sabato 7 marzo 2009

bisogna tornare


laddove oriente e occidente si mescolano in un turbinio di suoni, colori, odori e sapori...la vita scorre lenta, come nella migliore tradizione arabo-mediterranea, scandita dal canto del Muezzin che chiama a raccolta i fedeli. minareti che svettano alti verso il cielo, in mezzo a quartieri fatti di case ammassate una all'altra, di bazaar, di ambulanti che vendono pane e una bevanda calda e dolcissima, che sa di vaniglia e cannella.


la città dove gli uomini fumano il narghilè chiacchierando tra loro e le donne camminano per strada col foulard in testa. pochi sorridono, ma tutti hanno l'aria serena. la città divisa dal mare che entra dentro come un fiume e che divide l'Europa dall'Asia. la città dove un simpatico signore di Izmir, con madre italiana, ci accompagna a scoprire i posticini nascosti della città nuova attorno a piazza Taksim. la città dove la x non esiste e il taxi si chiama taksi. la città dove lo sfarzo degli antichi sultani si confonde con le case di legno nei quartieri vicino al mare.


e poi la carne e il pesce, i melograni e i cetriolini, il té e il caffè, la colazione salata e quella dolce, la frutta secca, miele, zucchero a zollette rigorosamente, e le spezie di tutti i colori che esistono sulla terra.


ma il blu predomina. il bosforo, da perderci il fiato; la moschea, bellisima; il rosa della chiesa di Santa Sofia dimenticata e abbandonata a sè stessa; il bianco dell'abito dei dervishi rotanti; le luci di miriadi di lampade variopinte.


un luogo che quando vai via non puoi che sospirare, perchè camminando e ammirando ti si è attaccata addosso e ti ha completamente invaso...mille strade, milioni di persone e tantissime contraddizioni che creano una mixture che ha solo dell'incredibile. affascinante e indimenticabile. Arrivederci a presto cara Istanbul.

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