mentre tornavo a casa a bordo della seicento, i pensieri si affollavano come sempre nella mia mente. le questioni da risolvere, i problemi da affrontare, i pochi giorni che mancano alla mia partenza, il sole che è finalmente arrivato, ma che magari tra un po' se ne va via e dobbiamo riabituarci a temperature fredde. poi, domani devo andarci perchè altrimenti settimana prossima è impossibile e poi parto, chissà quando se ne parla. bella questa canzone dei Bloc Party, la so già a memoria. che hanno combinato qui? facevano prima a fare una rotatoria, però non è poi tanto male, certo la condizione delle strade in Sicilia è proprio da fare schifo e poi vogliono fare il ponte...a che servirà mai? guarda una volpe morta, poverina...gli operatori ecologici hanno il deposito qui? certo, potrebbe tooglierlo quel cartone in mezzo alla strada e buttarlo invece di furmare la sigaretta...
e quindi stile epifania: "Chissà come sarebbe il mondo se ognuno di noi miliardi di persone sulla terra, facesse il lavoro che gli piace davvero, quello per cui si sente ispirato, quello che si fa a livello di vocazione e non perhè non c'è niente di meglio da fare...". quanti bravi medici che hanno a cuore il bene del paziente, quanti bravi ingegneri che progettano infrastrutture vivibili e di lunga durata, quanti bravi operatori ecologici che risanano l'ambiente, quante brave maestre che danno un futuro ai propri alunni, quanti brave mamme e bravi papà che fanno crescere generazioni di futuri bravi professionisti. forse nessuno farebbe il soldato, perchè diciamoci la verità a quanti piace farsi ammazzare? forse ci sarebbero posti di lavoro proporzionati alla gente che sta in giro. forse finalmente nessuno starebbe con le mani in mano. forse si potrebbe pensare alla piena occupazione a livello mondiale...
io utopizzo troppo.
dovrei pensare un po' meno e fare un po' di più.
sabato 14 marzo 2009
sabato 7 marzo 2009
bisogna tornare
laddove oriente e occidente si mescolano in un turbinio di suoni, colori, odori e sapori...la vita scorre lenta, come nella migliore tradizione arabo-mediterranea, scandita dal canto del Muezzin che chiama a raccolta i fedeli. minareti che svettano alti verso il cielo, in mezzo a quartieri fatti di case ammassate una all'altra, di bazaar, di ambulanti che vendono pane e una bevanda calda e dolcissima, che sa di vaniglia e cannella.
la città dove gli uomini fumano il narghilè chiacchierando tra loro e le donne camminano per strada col foulard in testa. pochi sorridono, ma tutti hanno l'aria serena. la città divisa dal mare che entra dentro come un fiume e che divide l'Europa dall'Asia. la città dove un simpatico signore di Izmir, con madre italiana, ci accompagna a scoprire i posticini nascosti della città nuova attorno a piazza Taksim. la città dove la x non esiste e il taxi si chiama taksi. la città dove lo sfarzo degli antichi sultani si confonde con le case di legno nei quartieri vicino al mare.
e poi la carne e il pesce, i melograni e i cetriolini, il té e il caffè, la colazione salata e quella dolce, la frutta secca, miele, zucchero a zollette rigorosamente, e le spezie di tutti i colori che esistono sulla terra.
ma il blu predomina. il bosforo, da perderci il fiato; la moschea, bellisima; il rosa della chiesa di Santa Sofia dimenticata e abbandonata a sè stessa; il bianco dell'abito dei dervishi rotanti; le luci di miriadi di lampade variopinte.
un luogo che quando vai via non puoi che sospirare, perchè camminando e ammirando ti si è attaccata addosso e ti ha completamente invaso...mille strade, milioni di persone e tantissime contraddizioni che creano una mixture che ha solo dell'incredibile. affascinante e indimenticabile. Arrivederci a presto cara Istanbul.
sabato 21 febbraio 2009
mi pare
a volte non ho nemmeno il tempo di chiedermi cosa devo fare adesso perchè gli impegni si susseguono uno dopo l'altro e mi trascinano via nel vortice. è davvero difficile far capire come sia possibile che lavorare a qualcosa ti assorba gran parte della giornata e che quel poco tempo, pochissimo, che rimane puoi e vuoi dedicarlo esclusivamente a te e a chi ami.
ormai esco sempre senza farmi i capelli.
ormai esco sempre senza farmi i capelli.
martedì 3 febbraio 2009
plane
altissima quota. una scia dorata su un mare immobile e vellutato. tra due isole piccole, quasi due scogli, scivola via una barca a vela che sembra una pulce sul dorso di un cane. la scia dorata si perde all'infinito tra uno strato di nuvole che sembra poggiarsi sull'acqua come se fosse la calotta glaciale del polo. lì dove si perde prende i toni dell'arancio e del rosso come un'alba continua e sterminata, e non si sa più se sia cielo o se sia mare, fusione perfetta di elementi distinti. sembra tutto così assurdamente irreale. una scenografia, un'immagine ritoccata. la percezione di uno splendido scorcio così tante volte fittiziamente riprodotto da perdere quel fascino che scaturisce a chi lo vede per la prima volta con occhi ancora vergini. ho paura che vogliano toglierci il piacere di provare gioia per qualcosa di semplice, vero, naturale, magnifico e perfetto.
sabato 31 gennaio 2009
semplice
immagina un passerotto inseguito da un'aquila in un cielo completamente terso e illuminato dal sole.
domenica 25 gennaio 2009
in treno
sto seduta. mi scorre tutto davanti però all'indietro, perchè la sorte ha voluto che mi fosse assegnato un posto nella direzione opposta della marcia. poco male. mi sembra di avere la ossibilità di vedere di più. già è una sensazione, forse legata al fatto che quello che passa lo sappiamo già, lo conosciamo perchè vissuto; quello che viene è sempre una scoperta, qualcosa a venire di cui idea non abbiamo per niente o quasi.
la gente intorno legge, ricama, dorme, ascolta musica, parla al telefono. nessuno che si metta a fare due chiacchiere col vicino, nemmeno io, in fondo, che preferisco scrivere questo post piuttosto che conoscere qualcuno. cominciamo a disinteressarci dell'altro? abbiamo pochi argomenti a disposizione? paura di risultare invadenti? forse è che alle 9.40 di domenica mattina c'è poco da dire e da stare ad ascoltare.
il paesaggio è quello classico del centro; tanto verde, tanti alberi, nudi, qualcuno dalle foglie rosse, oliveti, qualche fiumiciattolo qua e là e poi tanto cielo, un po' coperto. e poi quelle casupole basse, ricoperte di pietre chiare e con le tegole dei tetti tutte rosse. paesaggi di campagna. rilassanti. decisamente li preferisco. o meglio, l'importante è scappare dalla città, ogni tanto.
così, su un treno che mi porta a un'altra casa, altra gente a me cara, e che mi da tempo a disposizione per scrivere, pensare, riflettere e rilassarmi.
la gente intorno legge, ricama, dorme, ascolta musica, parla al telefono. nessuno che si metta a fare due chiacchiere col vicino, nemmeno io, in fondo, che preferisco scrivere questo post piuttosto che conoscere qualcuno. cominciamo a disinteressarci dell'altro? abbiamo pochi argomenti a disposizione? paura di risultare invadenti? forse è che alle 9.40 di domenica mattina c'è poco da dire e da stare ad ascoltare.
il paesaggio è quello classico del centro; tanto verde, tanti alberi, nudi, qualcuno dalle foglie rosse, oliveti, qualche fiumiciattolo qua e là e poi tanto cielo, un po' coperto. e poi quelle casupole basse, ricoperte di pietre chiare e con le tegole dei tetti tutte rosse. paesaggi di campagna. rilassanti. decisamente li preferisco. o meglio, l'importante è scappare dalla città, ogni tanto.
così, su un treno che mi porta a un'altra casa, altra gente a me cara, e che mi da tempo a disposizione per scrivere, pensare, riflettere e rilassarmi.
sabato 24 gennaio 2009
in these days
tutti gli occhi puntati su Obama. speriamo non sia l'ennesimo tentativo di distrarre la gente tutta dai problemi realmente seri.
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