sabato 20 settembre 2008

sul Corriere di trenta anni fa

ho avuto modo di recarmi nell'emeroteca della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea di Roma in questi giorni, e ho sfogliato i volumi che contenevano i quotidiani del Corriere della sera di giugno e luglio 1975.
non mi soffermo sulle questioni politiche che tutti più o meno abbiamo modo di leggere sui libri di storia, ma mi piace tentare di dare un'idea del mio stupore quando ho notato che i titoli di allora non sono per nulla diversi da quelli che ci capita di leggere oggi. si scrive di Napoli e della sua emergenza rifiuti, si scrive dell'intenzione di investire sull'energia solare, e poi c'è una pagina dedicata al caro-prezzi e alla recessione in cui versa il paese e delle manovre che si sarebbero dovute attuare. tutte cose che a distanza di trent'anni si ripresentano puntualmente. ma poi perché? c'è per caso un meccanismo che ci permette di dimenticare in fretta quello che si è cercato di fare per riparare a certi problemi e continuare a commetterli? oppure, e a questa opzione ci credo di più, siamo sempre fermi a un punto e tanto lenti nel cambiamento da fare paura ai bradipi?
la nostra cara Italia è da sempre in mano alla gente sbagliata e la poca gente giusta ha fatto la fine del topo. la gente che ci ha governato ha avuto la capacità di mettere altra gente sbagliata al posto giusto, nel senso che il posto era giusto perché si compisse la loro opera di nullafacenza, perché ogni giorno ci si ritrovasse tutti e si cercasse di mantenere un equilibrio sanamente precario.
noi non siamo la Gran Bretagna. noi non abbiamo una forte tradizione democratica alle spalle. noi non sappiamo cosa significhi essere comunista o liberale o qualsiasialtrafazione ed essere anche cittadini italiani che servono lo Stato italiano e la sua gente. no, no. da noi prima si rispetta il colore politico e poi il tricolore. perchè giusta o sbagliata che sia, se una proposta viene dalla parte sbagliata della barricata non c'è nemmeno motivo di ascoltarla.

Monteleone scrive: "Le preoccupazioni non furono quelle di assicurare al paese un modello di governo forte e stabile, bensì quelle di creare un complesso sistema di garanzie che impedissero le degenerazioni di un governo forte e stabile. Questi principi hanno salvaguardato formalmente un lungo processo democratico ma non hanno assicurato contemporaneamente governi efficienti e di lunga durata".

e se non abbiamo stabilità politica dove vogliamo arrivare? rimarremo sempre fermi a trent'anni fa. le mode cambiano, il paesaggio pure, la gente invecchia ma la classe politica è sempre lì. Andreotti si aggira ancora per le Camere.

stiamo pian piano sprofondando e come sempre cerchiamo l'appiglio per tirarci fuori dalla voragine che ci si apre sotto. siamo italiani e sappiamo sempre tirarci fuori dai guai, ma tra un po' gli appigli saranno finiti e noi avremmo perso anche l'ultima occasione.

proviamo a sollevare le nostre voci. proviamo a vomitare addosso a questa gentaglia tutto quello che non va. facciamo qualcosa per cambiare. i "ragazzi" degli anni settanta ci hanno provato, ma poi o sono scappati via, o sono stati inglobati nel pensiero di massa. se ci proviamo noi stavolta potrebbe essere quella buona. muoviamoci. sconvolgiamo. scardiniamo. eleviamo. e se vi capita provate a leggere qualche quotidiano del passato, troverete una motivazione in più.

2 commenti:

disconnesso ha detto...

Ed io che volevo spiegarmi tutti i mali italiani con le fluttuazioni cicliche di Keynes. Chiccacchio è Keynes? Perché lo conosco? Perché non riesco a scacciare via l'incubo dell'esame di Economia Politica? Perché questo? Perché?? Perché?!? H-e-l-p.

:p

sonosoloio ha detto...

Economia politica fa già ribrezzo da sé senza tirare in ballo i vari Malthus, Marx e Keynes del caso...in Italia si sta male e si sta bene (contemporaneamente) perché nessuno vuole vedere cosa succede oltre la siepe del proprio giardino (per chi ce l'ha!). e quelli che protestano vengono visti come gente che anziché lavorare (ma avercelo un lavoro!) stanno lì a piangersi addosso. siamo strani. siamo assurdi.